Palworld: giocare sempre allo stesso gioco “fa male a tutti”, secondo il team di sviluppo

di Gabriele Congiu

Giocare sempre allo stesso gioco non è un bene per i giocatori, per gli sviluppatori e per tutta l’industria videoludica. A proporci questo interessante punto di vista è stato John Buckley, l’attuale Community Manager di Palworld, intervenuto di recente nel corso di un’intervista rilasciata sul canale YouTube Going Indie.

Buckley ha toccato questo tema in seguito a quella che ormai è diventata una domanda ricorrente: bisogna ormai considerare Palworld come un titolo morto? Sì perché dopo l’enorme successo iniziale che ha portato milioni di giocatori a scoprire e popolare il mondo creato dal team di Pocket Pair, attualmente si parla di un massimo di 60.000 utenti connessi al giorno, con un crollo del 90% degli accessi.

Di fronte a questi numeri si potrebbe pensare ad una situazione difficile da recuperare, nonostante il recente aggiornamento che ha introdotto l’isola di Sakurajima abbia portato con sé numerose novità, tuttavia Buckley e tutto il team di sviluppo non sono affatto preoccupati per il futuro di Palworld; tutt’altro.

Palworld non è e non sarà un gioco eterno

La chiave di tutto sta nel modo in cui Pocket Pair ha concepito il suo Palworld, ovvero non classificandolo come un classico live service. Non è la prima volta che l’azienda ci tiene a rimarcare questo aspetto, sottolineando come il suo titolo non debba essere visto alla stregua di giochi come Fortnite o Warzone, quindi non sono in programma rilasci di contenuti continui che puntino a tenere il giocatore sempre impegnato con Palwolrd. Lo stesso Buckley si era già espresso con toni simili in passato, invitando i giocatori di Palworld a staccare e a provare altri titoli in attesa del rilascio di nuovi contenuti.

Un segnale negativo per l’industria

Secondo Buckley, infatti, se un giocatore impegna tutto il suo tempo su un singolo titolo non fa il suo interesse, tanto meno quello degli sviluppatori e persino dell’industria stessa. Segnali simili, infatti, non fanno che rafforzare l’idea che i giocatori vogliano esclusivamente dei live service, creando la falsa illusione che esista una domanda infinita per questo genere di esperienze, salvo poi doversi confrontare con la realtà e chiudere i propri progetti per via delle scarse performance del gioco in appena pochi mesi di vita.

Un approccio più salutare, sempre a detta di Buckley, è quello che spinge i giocatori a provare sempre nuove esperienze, magari premiando in maniera particolare la scena indie e tutti quegli sviluppatori che puntano a realizzare giochi divertenti. Valutare un titolo sulla base di quanti altri giocatori lo stanno giocando è sbagliato, in quanto è quel genere di scelta che rischia di tagliarci fuori dal provare esperienze potenzialmente molto divertenti e uniche.

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